In questo interessante contributo tratto dalla puntata di Superquark del 19 agosto 2020, ci Piero Angela racconta come la plastica, in poco più di 50 anni, sia passata da “materiale rivoluzionario” a “simbolo dell’inquinamento” per eccellenza.
Dall’invenzione nel 1954 del propilene isotattico ad opera di Giulio Natta, scoperta che peraltro valse al chimico italiano il premio Nobel, la plastica è stata protagonista di una cavalcata trionfale a livello industriale, diventando una prima scelta in un’infinità di produzioni. Grazie alle sue molteplici qualità e al suo prezzo competitivo la quantità di plastica nelle nostre città, nelle nostre case e nei nostri armadi è cresciuta a dismisura rendendo accessibile a molti beni che prima non lo erano.
Oggi però, le sconvolgenti immagini di paesaggi e mari sommersi di rifiuti hanno portato lo slogan “Plastic Free” sulla bocca di molti, dipingendo la plastica come il nemico numero uno dell’ambiente. Ma è davvero così?
Un problema di maleducazione e di infrastrutture, non di materiale
Ognuno di noi può fare la differenza seguendo buone pratiche di utilizzo della plastica come, ad esempio, non abbandonare mai i rifiuti nell’ambiente e differenziarli sempre correttamente. Ma sarebbe riduttivo dire che questo basterebbe a risolvere il problema della dispersione dei rifiuti nell’ambiente, la filiera del recupero e riciclo della plastica è un sistema molto articolato e complesso.
Riciclare la plastica non è un’operazione semplice, esistono infatti innumerevoli tipi di plastiche impiegate in altrettante applicazioni, come si evince facilmente da questa classificazione. Per questo è necessario separare i diversi tipi di plastica prima di avviarli al riciclo.
L’Economia Circolare, il presente e il futuro della sostenibilità
Come si sostiene nel video, “in Italia, più del 60% dei due milioni di tonnellate di plastica prodotta ogni anno viene riciclata”, un dato che ci posiziona nelle primissime posizioni in Europa e nel mondo e che ci fa capire come l’economia circolare non sia un’utopia ma, piuttosto, una realtà che sta prendendo piede.
Ma se l’economia circolare è possibile, perché continuiamo a vedere a livello planetario un’invasione di rifiuti? Come ci finisce la plastica nell’ambiente e nei mari? Come sostiene Carlo Andriolo, Amministratore Delegato Aliplast – Hera questo succede perché “ancora troppi paesi oggi non hanno delle infrastrutture che permettono di raccogliere separatamente la plastica e avviarla a degli impianti di riciclo come quelli che abbiamo qui in Italia e in Europa”.
Schierarsi per un mondo plastic free è sicuramente più semplice ma, come è noto, i problemi complessi hanno bisogno di soluzioni complesse. Siamo sicuri che in un mondo senza plastica l’inquinamento sarebbe minore? Anche in questo caso il contributo di Superquark ci viene in soccorso: “vetro e alluminio, sostituti spesso citati per contenitori e recipienti vari, ad esempio, richiedono molta più energia per la produzione e sono più pesanti da trasportare. Treni auto e aerei sono più leggeri grazie alla plastica. Il risultato se togliessimo di colpo tutta la plastica? più energia bruciata, più gas serra e più inquinamento.
Senza le pellicole di plastica che chiudono i cibi in una micro atmosfera la loro durata sarebbe minore: una bistecca esposta all’aria dura 4 giorni, chiusa nella vaschetta che troviamo al supermercato una ventina. Senza considerare che il 50% dei materiali usati in medicina sono di plastica, perché è inattaccabile da muffe, batteri e parassiti.”