Plastica: Le origini

La storia della plastica è meno recente di quanto si sia portati a credere e affonda le proprie radici nel XIX secolo quando Alexander Parkers nel 1862 brevettò la Parkesine (conosciuta come Xylonite), ovvero il primo materiale plastico semisintetico, che veniva utilizzato per la produzione di scatole, manici e oggetti flessibili.

La svolta si ebbe però solo più avanti, quando una fabbrica di New York offrì 10mila dollari a chi avesse inventato un materiale economico capace di sostituire l’avorio con cui venivano realizzate le palline da biliardo. A rispondere a questa necessità furono i fratelli Hyatt, due americani che nel 1870 brevettarono la formula della celluloide. La celluloide, oltre a rappresentare la salvezza per migliaia di elefanti, riscosse immediatamente un notevole successo, e grazie alle sue particolari caratteristiche fu molto apprezzata dai dentisti dell’epoca, che la utilizzavano per ricavare le impronte dentarie. Questo materiale, nonostante fosse particolarmente innovativo, presentava ancora dei limiti, risultava infatti particolarmente infiammabile e per questo inadatto a essere impiegato nelle tecniche di stampaggio ad alta temperatura.

Plastica: gli inizi del '900 e lo sviluppo di nuove soluzioni

Solo nel 1907 si ottenne la prima plastica sintetica che si modellava con il calore e che una volta raffreddata riusciva a mantenere la forma. Si trattava del frutto della condensazione tra fenolo e formaldeide che Leo Bakeland, il chimico belga che la inventò, brevettò nel 1910 sotto il nome di Bakelite. La Bakelite ottenne un successo sorprendente e per anni fu il materiale plastico più diffuso e utilizzato.

Sempre in quegli anni, più precisamente nel 1912, Fritz Klatte diede vita al polivinilcloruro (PVC) il cui potenziale a livello industriale venne però compreso solo più tardi. Nel 1913, invece, lo svizzero Jaques Edwin Brandenberger diede il suo contributo alla storia della plastica inventando un materiale a base cellulosica prodotto in fogli sottilissimi e flessibili, il Cellophane.

La plastica tra gli anni '20 e gli anni '40

Negli anni ’20 iniziarono le prime sperimentazioni per creare materiali plastici usando il petrolio e nel decennio successivo, grazie anche al triste avvento della Seconda Guerra Mondiale, si ebbero i primi veri grandi successi in materia di plastica. Venne avviata la creazione di una vera e propria industria della plastica in cui il petrolio era la materia prima di partenza.

Nel 1935 vide la luce il nylon, un poliammide realizzato da Wallace Carothers, che risultò particolarmente interessante grazie alle sue applicazioni in campo tessile e sfruttato per la realizzazione di paracaduti e calze da donna. Iniziò così l’ascesa delle fibre sintetiche, che videro nuovo sviluppo con il lavoro di Rex Whinfield e James Tennant Dickson, della Calico Printers’ Association di Manchester, che nel 1941 brevettarono il polietilene tereftalato (PET), la cui fibra tessile è anche nota come “pile”.

Il PET fece il suo ingresso nel mondo dell’imballaggio alimentare solo nel 1973, quando Nathaniel Wyeth brevettò la prima bottiglia in plastica destinata al confezionamento delle bevande gassate e tuttora, la bottiglia ideata da Wyeth, è lo standard per questo tipo di prodotto.

Come anticipato, la guerra diede il proprio contributo alla storia della plastica stimolando la ricerca di sostituti a prodotti naturali non reperibili, il ché portò allo sviluppo di poliuretani per iniziativa della Germania. Nel 1939 si assistette all’industrializzazione dei primi copolimeri cloruro-acetato di vinile e da quel momento il cloruro polivinile (PVC) divenne il materiale prediletto per la costruzione di diversi oggetti tra cui i dischi fonografici.

Plastica: il dopoguerra ed il boom degli anni '60

La storia della plastica, abbiamo visto, è segnata da continue innovazioni, dal 1862 in poi sono stati numerosi gli sviluppi di questo materiale, anche se solo nel secondo dopoguerra si ebbe un vero e proprio boom della plastica. Con la scoperta della Formica (resina melammina-formaldeide) negli anni ‘50 vennero prodotti laminati per l’arredamento e stoviglie a basso prezzo, in parallelo le fibre sintetiche vennero utilizzate in modo massivo nella produzione di indumenti. Non sorprende dunque che sia proprio del 1954 la scoperta del Polipropilene isotattico ad opera di Giulio Natta, insignito per questo motivo del premio Nobel nel 1963, assieme al tedesco Karl Ziegler, che l’anno precedente aveva isolato il Polietilene.

Il Polipropilene venne prodotto industrialmente dal 1957 col marchio “Moplen” e le case di tutto il mondo si riempirono di accessori e oggetti di arredamento in plastica, rivoluzionando per sempre le abitudini di consumo delle persone e dando il via allo “stile di vita moderno”.

Gli anni ‘60 consolidarono il ruolo della plastica come strumento insostituibile della vita quotidiana e la portarono alla ribalta nei settori del design, della moda e dell’arte. Per comprendere il ruolo della plastica nell’immaginario di quei tempi, pensiamo al celebre film “Il Laureato”, in cui il socio del padre del protagonista, un giovanissimo Dustin Hoffman, si rivolge al ragazzo con il tono di chi gli sta dando un consiglio prezioso che gli aprirà le porte del successo, e gli dice: “Ti dico solo una parola: Plastica!”

Plastica: dagli anni '70 ad oggi

Verrebbe da pensare che la plastica non potesse fare altri passi in avanti e trovare nuove applicazioni, invece negli anni ‘70 fu il momento dei tecnopolimeri come il polimetilpentene (TPX), utilizzato per la produzione di articoli destinati ai laboratori clinici, le poliimmidi, sfruttate nell’industria automobilistica, il policarbonato, impiegato anche nella costruzione dei caschi spaziali, e gli ionomeri, i polisolfoni, il polifenilene solfuro, il polibutilentereftalato e tanti altri tecnopolimeri le cui caratteristiche in termini di resistenza termica e meccanica hanno segnato una svolta nella produzione di un’infinita varietà di prodotti.

Fin dai suoi esordi la plastica ha rappresentato un’alternativa duttile, economica e intelligente a materiali meno sostenibili come ad esempio il vetro, l’avorio, il guscio di tartaruga e il metallo. Questo incredibile polimero sintetico, oltre ad aver rappresentato la salvezza per numerosi animali, ha reso possibile lo sviluppo di tecnologie e oggetti a cui oggi non saremmo in grado di rinunciare. La plastica si è affermata nella materialità della vita quotidiana e nella percezione delle persone come protagonista e incarnazione della conquista di benessere e di una più alta qualità della vita individuale e collettiva. Di fatto è il materiale che più e meglio degli altri ha incarnato la conquista di massa del benessere e la democratizzazione dei consumi.

Plastica, oggi e domani

La plastica è una fantastica invenzione, un materiale economico e versatile che ha migliorato le nostre vite. Ha reso possibile la produzione di cose che altrimenti non avrebbero mai visto la luce, rendendo accessibili oggetti che erano riservati a pochi. Ma proprio la sua economicità e durevolezza hanno favorito la crescita esponenziale della sua produzione, che ha determinato una situazione di allarme generale e una spasmodica attenzione mediatica al tema della plastica e al suo fine vita. “Plastic free” è lo slogan divenuto in questi anni un vero e proprio mantra, che tuttavia non ha alcuna possibilità di diventare realtà. Per molte applicazioni la plastica è insostituibile, in altri casi la sua sostituzione comporterebbe un peggiore impatto ambientale.

Più concrete sono invece le soluzioni che la stessa industria della trasformazione della plastica sta ricercando, come ad esempio l’eco design, che prevede la progettazione di oggetti di uso comune con lo scopo di ridurre al minimo l’impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita: dallo studio, alla produzione, alla vendita. Molto si sta facendo anche nel campo del riciclo che è un pilastro dell’economia circolare. Un filone della ricerca è indirizzato verso la produzione di articoli, per esempio imballaggi, completamente riciclabili, mentre in parallelo si studiano le tecnologie per avviare a riciclo qualunque rifiuto, anche quelli che oggi non possono essere riciclati con le attuali tecnologie.