In una recente e stimolante intervista condotta da Chris Torres per il programma H2O In The Know, il Dr. Chris DeArmitt, noto scienziato indipendente americano, ha presentato una serie di argomenti che sfidano molte delle convinzioni comuni sulla plastica. In questo articolo desideriamo esplorare alcune delle informazioni più illuminanti tratte dalla sua intervista.
La plastica e il packaging
Il Dr. DeArmitt evidenzia che nel 93% dei casi il packaging in plastica è la soluzione più ecologica rispetto alle sue alternative. Questo dato sorprendente si basa su studi del ciclo di vita dei materiali, considerando tutte le fasi dalla produzione allo smaltimento. La plastica, grazie alla sua leggerezza e durabilità, permette di ridurre significativamente le emissioni di gas serra rispetto ai materiali alternativi. Secondo DeArmitt se sostituissimo la plastica con altri materiali, triplicheremmo la produzione di gas serra, quadruplicheremmo la quantità di rifiuti e raddoppieremmo il consumo di combustibili fossili. Inoltre, i costi economici aumenterebbero significativamente, influenzando negativamente l’economia globale e il costo dei prodotti per i consumatori.
L’impatto ambientale della plastica per imballaggi
La plastica utilizzata per gli imballaggi rappresenta solo il 3% del totale dell’impatto ambientale causato dagli alimenti. Questo dato sottolinea l’efficienza della plastica come materiale per l’imballaggio, che non solo protegge gli alimenti, ma contribuisce anche a ridurre gli sprechi. La capacità della plastica di prolungare la shelf life dei prodotti alimentari è un vantaggio cruciale. Ad esempio, l’imballaggio in plastica per frutta e verdura può prolungarne la freschezza di giorni o addirittura settimane, riducendo gli sprechi alimentari. Secondo il Dr. DeArmitt, questo risparmio può tradursi in una riduzione delle emissioni di CO2 da 5 a 10 volte quella impiegata per la produzione del packaging stesso. Questo significa che la plastica, in questo contesto, non solo protegge il prodotto, ma contribuisce anche significativamente alla sostenibilità ambientale riducendo gli sprechi alimentari e le relative emissioni.
La percezione della plastica nei media
Un punto chiave dell’intervista a DeArmitt è la discrepanza tra la percezione della plastica promossa dai media e i dati reali. I media spesso dipingono un quadro allarmante, sostenendo che stiamo “annegando” nella plastica. Tuttavia, i dati riportati da DeArmitt rivelano che il peso e il volume della plastica sono pari solo allo 0,4% del totale dei materiali utilizzati. Questo suggerisce che la plastica, pur visibile e spesso non gestita correttamente, rappresenta una frazione molto piccola del problema complessivo dei rifiuti. Questa percezione distorta può portare a politiche e soluzioni che non affrontano efficacemente le cause principali dei problemi ambientali.
Le microplastiche e la salute umana
Un altro tema controverso affrontato da DeArmitt riguarda le microplastiche. Nonostante le crescenti preoccupazioni riguardo alla loro tossicità, DeArmitt afferma che in decine di anni di analisi e centinaia di ricerche esaminate, non ha trovato un singolo studio credibile che dimostri un effetto negativo delle microplastiche sulla salute umana. Questo dato sfida la narrativa diffusa che le microplastiche siano estremamente pericolose per la salute umana. È fondamentale basare le decisioni politiche e pubbliche su dati scientifici solidi piuttosto che su percezioni o paure infondate. DeArmitt sottolinea che il 93% dei media continua a diffondere una narrazione allarmistica che non trova riscontro negli studi scientifici, alimentando paure non giustificate.
L’isola di plastica
La “Great Pacific Garbage Patch” è spesso citata come esempio lampante del problema della plastica nei mari. Tuttavia, il Dr. DeArmitt riporta che un campione di questa famosa “isola di plastica” ha rivelato che l’85% è costituito da reti e attrezzi da pesca, mentre solo lo 0,03% è riconducibile a prodotti monouso in plastica: basti pensare che, diversamente da quanto siamo portati a credere, all’interno del campione sono state ritrovate due bottiglie di plastica, una sola cannuccia e nemmeno una busta di plastica, una situazione molto distante da quella dipinta dai media. Questo dato suggerisce che i veri colpevoli dell’inquinamento marino non siano tanto i prodotti monouso, ma piuttosto gli attrezzi da pesca abbandonati. Questi risultati sfidano l’opinione pubblica e le politiche che si concentrano quasi esclusivamente sui prodotti monouso in plastica. La soluzione richiede un approccio più mirato che affronti le principali fonti di inquinamento marino.
L’intervista con Chris DeArmitt offre una prospettiva critica e basata sui dati riguardo alla plastica e al suo impatto ambientale. Mentre è importante continuare a lavorare per migliorare la gestione dei rifiuti e ridurre l’inquinamento, è altrettanto cruciale basare le nostre decisioni su prove scientifiche solide piuttosto che su percezioni errate o narrative mediatiche distorte. Per chi desiderasse approfondire ulteriormente questi argomenti, l’intervista integrale a Chris DeArmitt è disponibile qui, informazioni aggiuntive sul suo lavoro sono invece reperibili su PhantomPlastics.com a cura del Dr DeArmitt.