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I vantaggi dell’economia circolare

Nel video diffuso dall’Università di Padova il prof. Michele Modesti del Dipartimento di Ingegneria Industriale fa un breve excursus sulla plastica per ribadire l’importanza del riciclo non solo per la tutela dell’ambiente, ma anche per i vantaggi economici che comporta. Il riciclo della plastica costituisce infatti il motore dell’economia circolare che al posto del modello lineare ‘produzione-consumo-smaltimento’ innesca il circolo virtuoso del riutilizzo delle materie prime seconde.

Il termine BIO non è sempre sinonimo di sostenibilità ambientale

Lo speech del prof. Modesti inizia mostrando una bottiglia che a prima vista i più direbbero di plastica, in realtà la bottiglia è di PLA (acido polilattico) un polimero di origine naturale che, se finisce nella frazione della plastica causa notevoli problemi nel processo di riciclo.

A proposito di bioplastiche il prof. Modesti sottolinea che in Europa la loro produzione è in grado di coprire circa un 5% della domanda complessiva di plastica che è nell’ordine di 60 milioni di tonnellate. (a livello globale le biolplastiche coprono a mala pena l’1% del fabbisogno). Di queste soltanto il 40% è biodegradabile di cui solo una parte è compostabile. A questo proposito Modesti sottolinea che il termine bio, contrariamente a quanto comunemente si crede, non sempre corrisponde a una maggiore sostenibilità ambientale. È vero che le bioplastiche si degradano più velocemente delle plastiche tradizionali, ma le piccole frazioni di bioplastiche finiscono nel ciclo di vita della fauna e possono essere anche più dannose di altri materiali.

L’industria italiana della trasformazione della plastica conta 5000 imprese

La gran parte delle plastiche di fonte fossile sono prodotte in grandi impianti di multinazionali come BASF, Bayer, Dow Chemical, mentre la loro trasformazione viene fatta da piccole e medie imprese che in Italia sono numerose.

Si contano infatti 5000 aziende trasformatrici che danno

lavoro a 110.000 persone e realizzano un giro d’affari di 15 miliardi di euro.

I principali settori di utilizzo sono l’edilizia, che richiede plastiche che abbiano una durata di decine di anni, l’automotive che impiega accessori ed elementi strutturali che devono essere molto leggeri e di lunga durata. È evidente che per queste applicazioni le bioplastiche sono inadatte, mentre trovano un migliore impiego per gli imballaggi che non richiedono materiali longevi.

Il futuro è il modello dell’economia circolare

Per il prof. Modesti il fatto che la plastica sia riciclabile rappresenta un grandissimo vantaggio.

Anche la plastica che non viene riciclata con metodo meccanico per produrre nuova materia prima, ma viene avviata a recupero energetico consente di recuperare buona parte delle energie che sono state spese per produrla. Cita il caso di Brescia che fornisce il teleriscaldamento alla città direttamente dal termovalorizzatore, con un costo della bolletta termica ed elettrica molto bassa ed emissioni monitorate giorno e notte, che risulterebbero sotto i limiti consentiti dalla legge.

 

L’Europa imporrebbe “discarica zero” nel 2025, ma se il nostro smaltimento in discarica continuasse con l’attuale ritmo otterremmo questo risultato nel 2036. Questo significa che sprecheremmo 60 milioni di ton di plastica per un valore che si avvicina a 60 miliardi di euro. I Paesi del Nord Europa, apprezzati per l’attenzione ai temi ecologici, hanno già raggiunto “discarica zero” adottando l’incenerimento come diffuso sistema di smaltimento. Attualmente in Italia un terzo della plastica viene riciclato, un terzo conferito a termovalorizzazione e un terzo finisce in discarica. (nel settore degli imballaggi viene riciclato il 43%, il 49% è termovalorizzato contro un 8% in discarica). Ciò che finisce in discarica è un enorme spreco, per questo il futuro non può che essere imperniato sul modello dell’economia circolare.

Sulla plastica si è detto tutto e il contrario di tutto.
Per questo è importante saper distinguere le informazioni giuste.

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