In questo articolo esploriamo il capitolo dedicato all’Analisi del Ciclo di Vita (Life Cycle Assessment, LCA) del libro Shattering the Plastics Illusion del Dr. Chris DeArmitt. Come negli altri capitoli, l’autore invita a spostare lo sguardo dalle percezioni emotive ai dati oggettivi. L’LCA è, in questo senso, lo strumento chiave per comprendere davvero l’impatto ambientale dei materiali, plastica compresa, lungo tutto il loro ciclo di vita.
Sostenibilità: una questione di numeri, non di impressioni
Quando si parla di sostenibilità, l’attenzione tende a concentrarsi sul “dopo”: ciò che succede a un prodotto una volta che è stato usato ed è diventato rifiuto. Ma la vera impronta ambientale di un materiale si costruisce molto prima: in fase di produzione, di trasformazione, di trasporto e di utilizzo. È qui che entra in gioco la LCA, metodologia scientifica standardizzata che valuta l’intero ciclo di vita di un prodotto.
Nel capitolo, DeArmitt sottolinea quanto spesso le decisioni in materia ambientale siano guidate dalla percezione piuttosto che dai dati. La plastica è vista come nemico per eccellenza, ma cosa accade quando la si confronta con altri materiali su basi scientifiche?
Imballaggi: quanto contano davvero nel bilancio ambientale
Uno degli aspetti più interessanti del capitolo riguarda il ruolo degli imballaggi nella riduzione dell’impatto ambientale complessivo di un prodotto. Studi condotti dall’IFEU (Institut für Energie- und Umweltforschung) mostrano, ad esempio, che l’impatto ambientale del packaging per frutta e verdura è minimo rispetto a quello degli alimenti stessi. E non solo: in molti casi, l’imballaggio in plastica consente di allungare la shelf life, prevenendo sprechi alimentari che generano un impatto ambientale ben maggiore.
(Fonte: IFEU, “Environmental assessment of packaging systems for fruit and vegetables”, 2017)
Questo significa che un imballaggio efficace – e non semplicemente “naturale” – può avere un valore ambientale positivo. DeArmitt riporta che, secondo la World Packaging Organisation, in media solo il 10% delle emissioni legate a un prodotto alimentare dipendono dal packaging, mentre il 90% deriva dalla produzione, dalla logistica e dallo smaltimento del contenuto. Se il contenuto viene sprecato perché mal conservato, l’impatto complessivo è molto più alto.
La leggerezza della plastica è una risorsa
Un altro dato chiave riguarda il peso degli imballaggi. La plastica, essendo estremamente leggera rispetto ad altri materiali alternativi, richiede meno energia per il trasporto, contribuendo a ridurre le emissioni complessive di CO₂ lungo tutta la filiera. Uno studio condotto da Franklin Associates (2007) ha stimato che la sostituzione degli imballaggi in plastica negli Stati Uniti con alternative “non plastiche” avrebbe aumentato il consumo complessivo di energia del 80% e le emissioni di gas serra del 130%.
(Fonte: Franklin Associates, “Impact of Plastics Packaging on Life Cycle Energy Consumption and Greenhouse Gas Emissions in the United States and Canada”, 2007)
Quando la sostituzione peggiora il problema
Il capitolo analizza anche il rischio legato alle “false soluzioni”. Spinti dalla pressione dell’opinione pubblica, molti produttori hanno iniziato a sostituire la plastica con materiali alternativi, spesso senza alcuna valutazione LCA a supporto.
Ad esempio l’agenzia ambientale del Regno Unito (UK Environment Agency, 2011) ha mostrato che un sacchetto in carta, per essere realmente più sostenibile di uno in plastica, deve essere riutilizzato almeno tre volte. In realtà, però, la maggior parte delle persone lo usa una sola volta. E nel caso del cotone, i numeri sono ancora più elevati: secondo il Danish Environmental Protection Agency (2018), servono fino a 7.100 utilizzi per pareggiare l’impatto di un sacchetto in plastica leggero.
(Fonte: Danish EPA, “Life Cycle Assessment of grocery carrier bags”, 2018)
(Fonte: Environment Agency, “Life Cycle Assessment of Supermarket Carrier Bags”, 2011)
Questi dati, anche se riferiti ai sacchetti, sono indicativi di un fenomeno più ampio: la sostituzione di un materiale con un altro, in assenza di un’analisi completa, può peggiorare l’impatto ambientale complessivo.
Conclusione: prima di eliminare la plastica, servono dati
Il messaggio centrale del capitolo è chiaro: la plastica non è sempre il problema. In molte applicazioni, soprattutto negli imballaggi, è parte della soluzione.
La sua leggerezza, versatilità e capacità di conservare i prodotti contribuiscono a ridurre sprechi e consumi. Ma queste qualità non emergono se si analizza solo il fine vita o si giudica il materiale su base emotiva.
Si ringrazia ITP per il prezioso contributo a questa iniziativa e per aver curato l’edizione italiana del libro.
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