Chi inquina davvero? La verità sui rifiuti in plastica

1.Chi inquina davvero? La verità sui rifiuti in plastica

Nel suo nuovo libro, Shattering the Plastics Illusion. Exposing Environmental Myths, il Dott. Chris DeArmitt, chimico, scienziato dei materiali e membro di prestigiose associazioni scientifiche internazionali, come Plastics Research Council, affronta con un approccio scientifico e critico uno dei temi più discussi e controversi della nostra era: l’inquinamento da plastica. In uno dei capitoli, DeArmitt smonta le principali narrazioni che circondano il problema dei rifiuti di plastica, portando alla luce questioni che spesso vengono trascurate o distorte dai media e dalle organizzazioni ambientaliste.

In questo spazio, commenteremo e approfondiremo nel tempo i vari capitoli del suo ultimo libro, per contribuire a una riflessione più ampia e documentata sul tema della plastica.

Rifiuti in plastica e responsabilità

I rifiuti non sono un fenomeno moderno: esistono da sempre, prodotti dagli animali e dagli esseri umani. Il vero problema non è la loro presenza, ma come vengono gestiti. Nonostante le tecnologie avanzate di cui disponiamo, la gestione responsabile non è ancora diffusa ovunque.

Una delle affermazioni più radicate nell’opinione pubblica è che i rifiuti di plastica stiano devastando il pianeta e che i principali responsabili siano i paesi più industrializzati. Ma i dati raccontano un’altra storia. Le nazioni più ricche e densamente popolate producono sì più rifiuti, ma grazie ai loro sistemi di raccolta, riciclo e smaltimento, non sono le principali fonti di inquinamento da plastica.

La terminologia stessa — “inquinamento da plastica” — è, secondo l’autore, fuorviante. Laddove si parla di inquinamento, si pensa immediatamente a una responsabilità industriale o sistemica. Ma studi fondamentali, come quelli di Carpenter e Wolverton, dimostrano che ciò che chiamiamo inquinamento da plastica è in realtà rifiuto abbandonato. Il littering, cioè l’abbandono intenzionale, è un comportamento umano documentato: secondo le ricerche, l’81% dei rifiuti osservati è stato gettato volontariamente. Il problema, quindi, non è il materiale, ma il gesto. Eppure, la narrativa dominante sposta la colpa sulla plastica in quanto tale o sui produttori. Questo approccio, oltre a essere ingiusto, è controproducente, perché ignora il ruolo centrale dell’educazione e della responsabilità individuale.

Anche il sistema giuridico supporta questa visione. In una causa intentata contro PepsiCo, il giudice ha stabilito che sarebbe contrario alla giurisprudenza punire l’azienda per comportamenti illegali dei consumatori. DeArmitt cita dati che mostrano come la presenza di cestini non basti: molte persone preferiscono comunque gettare i rifiuti a terra. È una questione di scelta individuale, non di logistica.

La percezione dei materiali alternativi come ecologici

Un altro elemento messo in luce da DeArmitt riguarda la percezione che alcuni materiali alternativi alla plastica siano più ecologici, una convinzione che, invece di ridurre, può contribuire ad aumentare il problema dei rifiuti. Ad esempio, sebbene sostituire la plastica con altri materiali sembri una scelta più sostenibile, in realtà comporta un aumento significativo del peso e del volume dei rifiuti, come nel caso dei sacchetti che possono arrivare a pesare 10 volte di più di quelli in plastica, aumentando la quantità di materiale da smaltire e, di conseguenza, il trasporto e le emissioni legate alla gestione dei rifiuti stessi.

Lo studio “Influence of Packaging Design on Littering and Waste Behaviour” condotto da R. Wever et all, dimostra come la percezione di un materiale come “più naturale” o degradabile possa spingere a comportamenti più disinvolti nell’abbandono dei rifiuti, peggiorando così la situazione. Ad esempio, le bottiglie in PET, spesso demonizzate, vengono abbandonate con meno frequenza rispetto ai brick in cartoncino, che sono considerati più ecologici. Stando a quanto analizzato dallo studio solo il 2,6% delle bottiglie in PET veniva abbandonato, contro il 5,8% dei brick. Inoltre, i sigilli dei brick venivano ritrovati separati con maggiore frequenza, mentre i tappi delle bottiglie PET risultavano quasi assenti tra i rifiuti.

Conclusioni

In conclusione, la vera sfida non sta nel demonizzare un materiale come la plastica o nel cercare soluzioni superficiali, ma nel cambiare le abitudini e nel promuovere un comportamento responsabile da parte dei consumatori. È fondamentale concentrarsi sulla gestione dei materiali di scarto e sull’educazione delle persone, piuttosto che sulle tecnologie o sui divieti che, come dimostrato, non hanno dato i risultati sperati.

 

Si ringrazia ITP per il prezioso contributo a questa iniziativa e per aver curato l’edizione italiana del libro.

Sito: https://www.itp.company/     LinkedIn: https://www.linkedin.com/company/itpspa/

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